L’abbandono del posto di lavoro da parte di dipendente cui siano affidate mansioni di custodia e sorveglianza configura – a differenza del momentaneo allontanamento dal posto predetto – mancanza di rilevante gravità idonea, indipendentemente dall’effettiva produzione di un danno, a fare irrimediabilmente venir meno l’elemento fiduciario nel rapporto di lavoro ed a integrare la nozione di giusta causa di licenziamento, anche in difetto di corrispondente previsione del codice disciplinare, atteso che, nelle ipotesi di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il potere di recesso del datore di lavoro deriva direttamente dagli art. 1 e 3 legge n. 604 del 1966, norme esprimenti precetti di sufficiente determinatezza. (Nella specie la S.C., confermando la sentenza impugnata che aveva ritenuto legittimo il licenziamento irrogato ad una guardia giurata, ha ribadito il principio secondo cui nelle controversie concernenti l’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., solo la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, attraverso la puntuale deduzione dell’errore – sviamento del ragionamento del giudice di merito e ha ritenuto incensurabile la valutazione del giudice di merito che, interpretando le disposizioni contrattuali, aveva ravvisato nella condotta del lavoratore un abbandono del posto di lavoro e non un momentaneamente allontanamento dal posto stesso).
Cassazione civile , sez. lav., 06 luglio 2002, n. 9840