Spese difensive del pubblico dipendente.

Il funzionario comunale assolto per il reato di falsità ideologica per atti commessi nell’esercizio della propria funzione, ha diritto al rimborso da parte del comune delle spese difensive sostenute in favore di un legale incaricato autonomamente?

Consiglio di Stato, sent. 12 febbraio 2007, n. 55


PE

Nella fattispecie, il Consiglio di Stato ha negato il diritto al rimborso delle spese legali affrontate per la difesa nel giudizio instaurato nei confronti del pubblico ufficiale, per fatti connessi all’espletamento delle sue funzioni, in quanto era mancato il coinvolgimento iniziale dell’ente nella scelta del difensore, essendo questo un presupposto indispensabile.
L’articolo 67 del Dpr n. 268/87 rimette infatti alla valutazione discrezionale “ex ante“ dell’ente locale, con specifico riferimento all’assenza di conflitto di interessi, la scelta di far assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.
Del resto, aggiunge il Consiglio di Stato, l’onere della scelta di un “legale di comune gradimento” appare del tutto coerente con le finalità della norma perchè, se il dipendente vuole che l’amministrazione lo tenga indenne dalle spese legali sostenute per ragioni di servizio, appare logico che il legale chiamato a tutelare tali interessi, che non sono esclusivi del dipendente ma coinvolgono anche quelli dell’ente di appartenenza, debba essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti.





Consiglio di Stato – Sezione quinta – decisione 27 gennaio-12 febbraio 2007, n. 552
Presidente Santoro – Estensore Metro
Ricorrente A.

Fatto

 

Il dott. A., già sottoposto nella sua qualità di segretario comunale a procedimento penale dinanzi al Tribunale di Alessandria, per il reato di cui agli articoli 479 e 61 n. 2 Cp (falsità ideologica in atti pubblici), imputazione dalla quale è stato, assolto “perché il fatto non costituisce reato, “ha chiesto all’Amministrazione il rimborso delle spese legali sostenute per la propria difesa in giudizio.
A seguito della determinazione negativa del Comune, ha proposto ricorso al Tar Piemonte che, con sentenza 110/98, ha respinto il ricorso.
Avverso tale decisione, sostiene l’illegittima interpretazione dell’articolo 67 del Dpr 268/87, in quanto il diritto al rimborso non potrebbe essere escluso, per la mancanza del previo assenso, da parte del Comune, nella scelta del difensore dell’interessato e ciò anche in relazione ad un possibile conflitto di interessi al momento dell’instaurazione del procedimento.
Il Comune, costituitosi nel giudizio di appello, ha sostenuto l’infondatezza di tali motivi.

Diritto


Con il ricorso in esame l’appellante sostiene la legittimità della sua pretesa volta ad ottenere il rimborso delle spese legali di difesa nel giudizio instaurato nei suoi confronti, per fatti connessi all’espletamento dell’incarico di segretario comunale, in applicazione dell’articolo 67 del Dpr 268/87, relativo all’accordo sindacale del personale gli enti locali; tale norma nei casi di apertura, nei confronti del pubblico dipendente, di procedimento di responsabilità civile o penale per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio o all’adempimento dei compiti d’ufficio, consente all’ente locale di assumere a proprio carico ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento, a condizione che non sussista conflitto di interessi.
Sostiene l’appellante che il rimborso sarebbe comunque dovuto, a seguito della sua assoluzione, indipendentemente da qualsivoglia coinvolgimento iniziale dell’Amministrazione.
La tesi non può essere condivisa.
L’articolo 67 del Dpr 268/87, secondo un modello procedimentale analogo a quello regolamentato dall’articolo 44 del Rd 1611/33, relativo all’assunzione a carico dello Stato della difesa dei pubblici dipendenti per fatti e cause di servizio, rimette alla valutazione discrezionale “ex ante“ dell’ente locale, con specifico riferimento all’assenza di conflitto di interessi, la scelta di far assistere il dipendente da un legale di comune gradimento, per cui non è in alcun modo riconducibile al contenuto precettivo della cit. norma la pretesa vantata dall’appellante di ottenere il rimborso delle spese del patrocinio legale a seguito di una scelta del tutto autonoma e personale nella nomina del proprio difensore.
Del resto, l’onere della scelta di un “legale di comune gradimento” appare del tutto coerente con le finalità della norma perchè, se il dipendente vuole che l’amministrazione lo tenga indenne dalle spese legali sostenute per ragioni di servizio, appare logico che il legale chiamato a tutelare tali interessi, che non sono esclusivi del dipendente ma coinvolgono anche quelli dell’ente di appartenenza, debba essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti.
Pertanto, il giudice di primo grado ha giustamente ritenuto necessario, ai fini del rimborso, che l’ente sia, fin dall’inizio, partecipe delle decisioni inerenti al patrocinio atteso che, in caso diverso, si priverebbe di significato la previsione normativa volta a tutelare diritti ed interessi che sono comuni ad entrambe le parti.
Atteso che, nel caso di specie, non si sono realizzati tali presupposti, per il mancato coinvolgimento iniziale dell’ente nella scelta del difensore, i motivi di appello devono ritenersi infondati ed il ricorso va, di conseguenza, respinto.
Ritiene il collegio che sussistano giusti motivi per compensare, tra le parti, le spese del giudizio.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunziando, respinge l’appello n. 8763/98, meglio specificato in epigrafe e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado; compensa, tra le parti, le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.