Spese condominiali.

In caso di impugnazione della delibera assembleare che ha approvato il bilancio condominiale, il giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto ex articolo 63/I disp. att. c.c. può sospendere il giudizio in attesa della definizione del diverso giudizio d’impugnazione, ex articolo 1137 cc?

Componendo il contrasto insorto, le Sezioni Unite hanno dato risposta negativa al quesito, poiché fra l’opposizione al provvedimento monitorio e il ricorso contro la decisione dell’assemblea non si configura un rapporto di pregiudizialità necessaria, in quanto la disciplina presenta caratteri di specialità. D’altra parte, aggiunge la Corte, il legislatore, nel garantire l’interesse della collettività condominiale, considerato prevalente, non ha lasciato il singolo condomino del tutto privo di tutela, posto che ha attribuito al giudice dell’impugnazione della deliberazione il potere di sospendere l’esecutività della stessa.
Cassazione – Su civili – sentenza 28 settembre 2006-27 febbraio 2007, n. 4421
Presidente Carbone – Relatore Settimj
Pm Maccarone – conforme – Ricorrente Collina – Controricorrente Complesso residenziale Le Laite e Calmasino
Svolgimento del processo
Il GdP di Bassano del Grappa, con sentenza 30.4.02, disattesa l’istanza di sospensione, respinge l’opposizione proposta da Maurizio Collina avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dal supercondominio denominato Complesso Residenziale Le Laite e Calmasìno sito in Conco (VI), relativamente al pagamento di spese condominiali per circa 1.518.000 lire, sulla considerazione: che non sussistesse rapporto di pregiudizialità necessaria tra l’opposizione al decreto ingiuntivo e l’impugnazione delle deliberazioni assembleari poste a base dell’istanza in monitorio; che risultasse documentalmente provata l’esistenza sia del supercondominio istante sia del condominio Calmasino R/S, autonomi e con proprie assemblee deliberanti; che il condominio Calmasino R/S fosse uno degli edifici del supercondominio usufruente d’impianti comuni; che gli immobili dell’attore facessero parte d’entrambi gli enti di gestione amministrati dal rag. Giubilato; che il credito azionato risultasse da bilanci regolarmente approvati con deliberazioni assembleari esecutive, non impugnate nel termine di cui all’articolo 1137 Cc; che legittimamente il decreto fosse stato richiesto sulla base del preventivo approvato dall’ assemblea per spese di gestione quali il riscaldamento e la manutenzione dei servizi comuni.

Maurizio Collina impugna per cassazione tale sentenza deducendo con le svolte censure: a) violazione degli articoli 116 e 183 del codice di rito per essersi l’amministratore presentato in udienza senza aver preventivamente convocato un’assemblea condominiale onde informare i condomini ed essere autorizzato ad eventuale transazione; b) omessa sospensione del giudizio in violazione dell’articolo 295 Cpc; c) violazione delle norme codicistiche in tema di comunione e condominio, non esistendo una “soggettività giuridica” denominata Complesso Residenziale Le Laíte e Calmasino e non essendo di esso amministratore il “mero mandatario giudiziale” rag. Giubilato; d) difetto di motivazione per illogicità sulla ritenuta coesistenza di condominio e supercondominio.

L’intimato Complesso Residenziale resiste con controricorso.
Il ricorrente deposita memoria.

Con ordinanza interlocutoria 15085/05, la Seconda Sezione rileva che il secondo motivo di ricorso, concernente la violazione del disposto in tema di sospensione necessaria del processo ex articolo 295 Cpc, involge questione su cui si registra contrasto di giurisprudenza e rimette la causa al Primo Presidente che ne assegna la trattazione alle Sezioni Unite.
Motivi della decisione
Nel capo dell’ impugnata sentenza con il quale ha disatteso l’istanza, proposta dall’allora parte opponente ed odierna ricorrente, intesa ad ottenere in via preliminare la sospensione del giudizio d’opposizione a decreto ingiuntivo ex articolo 295 Cpc, il giudice a quo, escludendo il nesso di pregiudizialità necessaria tra giudizio d’impugnazione della deliberazione assembleare e giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto sulla base della deliberazione medesima, s’è adeguato all’analoga conclusione cui è da tempo pervenuta, in subiecta materia, la prevalente giurisprudenza di questa Corte, se pure seguendo due diversi ordini d’argomentazioni.
Per il primo dei quali, l’esclusione del nesso di pregiudizialità necessaria si spiega considerando che il diritto del condominio alla percezione delle quote di spese erogate per il godimento delle cose e dei servizi comuni non nasce con la delibera assembleare d’approvazione del riparto delle spese stesse, ma è inerente all’effettuata gestione dei detti beni e servizi comuni, allo stesso modo che il fondamento dell’obbligo degli ingiunti di pagare i contributi non si fonda sulla delibera, ma è inerente alla titolarità del diritto reale sull’immobile; onde, non essendo la delibera d’approvazione del riparto delle spese costitutiva del diritto di credito del condominio ma solo dichiarativa di esso, in relazione alla quota di contribuzione del singolo partecipante alla comunione, l’eventuale venir meno della delibera per invalidità non comporta l’insussistenza del diritto del condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni erogati, diritto che ben può essere accertato da altra delibera valida, ma comporta solo la perdita d’efficacia del provvedimento monitorio emesso sulla base della delibera invalida; pertanto, la permanenza dell’efficacia della delibera impugnata, salvo il provvedimento di sospensione del giudice, consente l’emissione d’una pronunzia di condanna al pagamento a prescindere dalla validità della delibera.

La riportata tesi, recentemente ripresa da Cassazione 19519/05 e da Cassazione 857/00, è minoritaria e si richiama sostanzialmente ai precedenti di Cassazione 4393/97 e Cassazione 4467/88 che, a loro volta, richiamano la risalente Cassazione 1251/64, senza considerare come questi avessero trovato la loro occasione in controversie svolgentisi non tra condomino e condominio in ordine all’adempimento dell’obbligazione contributiva dell’uno nei confronti dell’altro, ma tra soggetti succedutisi nella titolarità del diritto di proprietà esclusiva su d’una porzione dell’immobile in ordine all’accertamento della decorrenza della successione dell’acquirente al venditore anche nell’obbligazione medesima, per il che appariva logico e corretto rapportare tale decorrenza, in sede d’accertamento dell’attribuzione dell’ onere, nell’ambito dell’obbligazione solidale nei confronti del condominio ex articolo 63/II disp. att. Cc ed in difetto di diversa pattuizione inter partes, all’epoca d’effettivo svolgimento dell’attività gestionale comportante la spesa e la consequenziale obbligazione contributiva piuttosto che a quella della delibera d’approvazione della spesa e del relativo piano di riparto (sul principio dell’ambulatorietà passiva vedansi, peraltro, le diverse opinioni di Cassazione 1956/00 e Cassazione 9366/96).

Al di fuori di tali ipotesi peculiari, nella dialettica dei rapporti interni tra condominio e condomino, non solo l’obbligo dei singoli partecipanti alla comunione dell’edificio di contribuire al pagamento delle spese effettuate nel comune interesse sorge per effetto della deliberazione con la quale l’assemblea approva le spese stesse, deliberazione che deve sempre intervenire, anche per le spese d’ordinaria gestione, nella forma dell’approvazione del preventivo o quanto meno della ratifica successiva, al più tardi in sede d’approvazione del consuntivo, non potendosi prescindere dall’accertamento della legittimità e dell’entità delle stesse, ma la liquidità del credito condominiale è data solo dalla successiva deliberazione d’approvazione del piano di riparto ovvero dall’elaborazione di questo in conformità alle vigenti tabelle millesimali, nel qual caso trattandosi di semplice operazione matematica; pertanto, il condominio, che agisca nei confronti del condomino onde conseguire il pagamento delle quote da questi dovute, deve dimostrare, anzi tutto, la legittimità della spesa, producendo la relativa delibera d’approvazione ed, in secondo luogo, anche la legittimità della determinazione delle quote, o producendo la delibera d’approvazione del piano di riparto o dimostrando la conformità di questo alle vigenti tabelle millesimali regolamentari.
Ne consegue che l’esaminato indirizzo, il cui presupposto ne limiterebbe, in ogni caso, l’applicabilità alle sole ipotesi di controversia concernente i contributi per spese d’ordinaria gestione e manutenzione, non è idoneo a giustificare l’esclusione della sospensione ex articolo 295 Cpc in pendenza del giudizio sulla validità delle deliberazioni.

Non di meno, tale esclusione è affermata anche da altro, ma prevalente, indirizzo sulla considerazione per cui, in tema d’opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell’articolo 63/I disp. att. Cc per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale, già impugnata in altro giudizio, ma solo questioni riguardanti l’efficacia della medesima.

Ciò in quanto le deliberazioni condominiali sono soggette ad impugnativa ai sensi del secondo comma dell’articolo 1137 Cc e tuttavia, per espressa previsione della medesima norma, restano non di meno vincolanti per i singoli condomini, nonostante l’esperita impugnazione, salvo il giudice dì questa ne disponga la sospensione dell’efficacia esecutiva, tale delibera costituendo, infatti, ex lege titolo di credito in favore del condominio e, di per sé, prova idonea, ai fini di cui agli articolo 633 e 634 Cpc, dell’esistenza dì tale credito, si da legittimare non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio d’opposizione che quest’ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è, dunque, ristretto alla sola verifica dell’esistenza e dell’efficacia della deliberazione assembleare d’approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.

Né sussistono continenza, ex articolo 39/II Cpc o pregiudizialità necessaria, ex articolo 295 Cpc, tra la causa d’opposizione al decreto ingiuntivo, ottenuto ai sensi del citato articolo 63/I disp. att. Cc e quella preventivamente instaurata innanzi ad altro giudice con l’impugnativa della relativa delibera condominiale ex articolo 1137 Cc, in quanto presupposto del provvedimento monitorio è l’efficacia esecutiva della deliberazione condominiale ed oggetto del giudizio innanzi al giudice dell’opposizione è l’accertamento in ordine alla persistenza di tale efficacia e della consequenziale obbligazione di pagamento delle spese dovute dal condomino sulla base della ripartizione approvata con la deliberazione medesima, obbligatoria ed esecutiva finché non sospesa dal giudice competente nell’ambito del giudizio d’impugnazione, mentre oggetto del detto giudizio d’impugnazione è il diverso accertamento in ordine alla validità della delibera medesima; onde, appunto in ragione della diversità della materia del contendere, tra il giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell’articolo 63/I cit. e quello d’impugnazione della deliberazione condominiale in virtù della quale tale decreto è stato concesso non esistendo né continenza né pregiudizialità necessaria, il giudice del primo deve limitarsi ad accertare che il credito ingiunto sia fondato su deliberazioni con le quali siano stati approvati la spesa ed il relativo stato di riparto e che l’opponente fornisca o meno la prova d’aver corrisposto quanto dovuto, in difetto della qual prova deve rigettare l’opposizione, essendo ininfluente, in difetto di sospensione dell’esecutività delle deliberazioni da parte del giudice competente adito con l’impugnazione ex articolo 1137 Cc, che le deliberazioni stesse possano o meno essere invalide sotto qualsivoglia profilo (e pluribus Cassazione 4951/05, 20484/04, 7261/02, 11515/99, 11457/97, 7569/94).
Come evidenziato nell’ordinanza di rimessione, la fondatezza di tale orientamento è stata recentemente contestata (Cassazione 2759/05, ma già 6384/99) osservandosi che, in tal modo, viene eluso il problema relativo al rapporto di pregiudizialità, la sussistenza del quale non può essere negata in ragione del fatto che il condomino, in caso d’applicazione dell’articolo 295 Cpc, sarebbe comunque costretto a pagare, quanto meno in via provvisoria, i contributi fissati dalla deliberazione assembleare impugnata, dovendosi invece considerare che, ove il giudizio d’opposizione non venisse sospeso,si potrebbe verificare l’anomalia che tale giudizio potrebbe concludersi con il passaggio in giudicato di una situazione sfavorevole all’opponente in ordine alla sussistenza del credito vantato nei suoi confronti dal condominio, in contrasto con l’annullamento, all’esito del giudizio d’impugnazione, proprio di quella delibera che rappresenta il titolo costitutivo di tale credito; che, in altri termini, il fatto che la sospensione del giudizio d’opposizione non comporterebbe anche la sospensione della delibera impugnata e della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo in base ad essa emesso (in quanto l’articolo 298/I Cpc dispone soltanto che durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento) non fà venire meno, da un lato, l’obbligo del giudice d’accertare il rapporto di pregiudizialità e, dall’ altro, l’interesse della parte alla conseguente sospensione, dacché a seguito dell’accoglimento della domanda proposta nel giudizio d’impugnazione della delibera verrebbe evitato un possibile conflitto di giudicati e per effetto della caducazione del titolo in base al quale è stato emesso il decreto ingiuntivo il condomino avrebbe diritto alla restituzione di quanto eventualmente pagato.
La tesi testé riferita ha, in prima approssimazione, un suo logico fondamento e risulta compatibile con il più recente indirizzo giurisprudenziale in tema di sospensione necessaria ex articolo 295 Cpc.

Con ordinanza 26.7.04, alle cui considerazioni si sono uniformate numerose successive pronunzie, hanno ritenuto queste Su di comporre il contrasto determinatosi al riguardo prestando adesione all’orientamento coerente con il disfavore dell’ordinamento verso il fenomeno sospensivo desumibile così dalla normativa processuale come dalle pronunzie del giudice delle leggi con particolare riferimento agli effetti negativi dell’ istituto sulla ragionevole durata del processo richiesta anche dal novellato articolo 111/II della Costituzione incentrato su di una lettura restrittiva dell’istituto della sospensione necessaria ex articolo 295 Cpc e sulla valorizzazione della disciplina dettata dall’articolo 337/II Cpc, in correlazione con la previsione dell’articolo 336/Il Cpc, limitando, quindi, l’area d’operatività della norma in discussione, così come già in precedenza avevano operato escludendo, con l’ordinanza 14670/03, che la vigente normativa consentisse ancora di ravvisare, come per il passato, nell’articolo 295 Cpc, l’attribuzione al giudice d’una facoltà di discrezionale sospensione del giudizio per motivi d’opportunità.

Sono, dunque, pervenute alla conclusione che la sospensione necessaria del processo, ove non sia imposta da specifica disposizione di legge, ha per fondamento non solo l’indispensabilità logica dell’antecedente avente carattere pregiudiziale, nel senso che la definizione della relativa controversia si ponga come momento ineliminabile del processo logico della causa dipendente, ma anche la sua indispensabilità giuridica, nel senso che l’antecedente logico venga postulato con efficacia di giudicato, per modo che non possa eventualmente verificarsi un conflitto di giudicati; onde, lo scopo perseguito dalla sospensione necessaria essendo quello d’evitare il conflitto di giudicati, l’articolo 295 Cpc può trovare applicazione solo quando in altro giudizio deve esser decisa, con efficacia di giudicato, una questione pregiudiziale in senso tecnico giuridico, sussistendo in tal caso il rischio del conflitto di giudicati, e non anche qualora oggetto dell’altra controversia sia una questione pregiudiziale soltanto in senso logico, non configurandosi in questo caso il menzionato rischio.

Orbene, aderendo al preesistente indirizzo poi confermato dalla richiamata ordinanza, per il quale le condizioni per la sospensione necessaria del processo ex articolo 295 Cpc ricorrono qualora risultino pendenti innanzi a giudici diversi giudizi legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisca l’imprescindibile presupposto logico giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato di modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto tra giudicati (e pluribus, Cassazione 8819/01, 14795/00, 6792/00, 5082/99), questa Corte aveva già altre volte evidenziato come, nel giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, l’obbligo di sospensione ex articolo 295 Cpc insorga quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell’inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, dacché al giudicato d’accertamento della nullità, la quale impedisce all’atto di produrre aborigine qualunque effetto, sia pure interinale, si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, d’accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo in quanto presupponente un antecedente logico-giuridico opposto (Cassazione 17317/02, 787/00, 4977/01, 4730/99, 3059/99, 7451/97).

Precisando come, ovviamente, il nesso di pregiudizialità necessaria ex articolo 295 Cpc non sia, per contro, riconoscibile ove nel diverso giudizio si controverta di meri vizi d’annullabilità del titolo medesimo, atteso che, agli effetti della norma de qua, la causa inerente ad una pretesa creditoria può ritenersi dipendente dalla causa sul titolo del relativo diritto se quest’ultima inerisca alla sussistenza del titolo medesimo, come in precedenza evidenziato, non anche ove ne possa comportare l’annullamento con sentenza di natura costitutiva, non essendo l’annullamento stesso incompatibile con la sua efficacia medio tempore; salva restando, peraltro, la retroattività inter partes con i connessi obblighi di restituzione delle prestazioni già eseguite (ibidem) .

Ond,è che l’indirizzo giurisprudenziale in discussione, evidenziando come, nella specie, tra le stesse parti si controvertisse in una causa della nullità o dell’inefficacia del titolo, id est la deliberazione assembleare, che in altra causa era posto a fondamento della domanda di condanna per l’inadempimento alle obbligazioni dal titolo stesso derivanti, correttamente rileva che tra i due giudizi ricorre quel rapporto di pregiudizialità necessaria per il quale s’impone la sospensione del secondo in attesa del giudicato d’accertamento sulla nullità oggetto del primo, diversamente potendosi dar luogo a giudicati contrastanti (sempre che, giova ripetere, nel primo di nullità del titolo si discuta e non d’annullabilità).

In ulteriore approssimazione devesi, tuttavia, rilevare che l’indirizzo in esame non tiene conto della peculiarità del rapporto cui il criterio decisionale adottato, pur esatto nella sua elaborazione teorica valida in astratto per la generalità dei rapporti, dovrebbe trovare applicazione e della specialità della normativa dalla quale è, in ragione di ciò, regolato.

Sull’obiettiva considerazione che al Condominio onde gli sia consentito in concreto di conseguire la sua istituzionale finalità di conservazione e gestione della cosa comune nell’interesse della collettività dei partecipanti, mediante la manutenzione, ordinaria. e straordinaria, delle parti comuni dell’edificio e l’esercizio dei servizi comuni è necessario poter fare fronte con regolarità alle relative spese e che all’uopo risulta imprescindibile la puntuale riscossione dei contributi dovuti dai condomini secondo il piano di riparto approvato dall’assemblea (o, comunque, materialmente elaborato in conformità alle tabelle millesimali vigenti: cfr. Cassazione 9366/96), il legislatore ha predisposto un sistema di strumenti adeguatamente coordinati., com’è all’evidenza desumibile da una lettura sistematica della disciplina elaborata al riguardo con la pertinente normativa civilistica e segnatamente con gli articolo 1130 Cc e 63/1 disp. att. Cc, anche in relazione agli articolo 633 e 634 Cpc.

Anzi tutto, nel ricomprendere, tra le plurime attribuzioni dell’amministratore, il dovere d’eseguire le
deliberazioni dell’assemblea dei condomini (articolo 1130 /I sub 1) e di riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrentei per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni (articolo 1130/I sub 3), ha posto una sostanziale correlazione tra l’un dovere e l’altro, risultando all’evidenza l’adempimento del primo condizionato di fatto a quello del secondo, quindi necessariamente correlati entrambi nella realizzazione della finalità economico sociale dell’istituto, perseguita con la regolamentazione dello stesso, prima autonoma e poi inserita con variazioni nella disciplina codicistica.

In secondo luogo, onde consentire il tempestivo adempimento del condizionante dovere di riscossione dei contributi condominiali, ha attribuito all’amministratore, con l’articolo 63 disp. att. Cc, il potere di chiedere decreto ingiuntivo, al quale ha anche riconosciuto il carattere dell’immediata esecutività, nei confronti dei condomini morosi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea senza neppure necessità d’autorizzazione alcuna da parte del detto organo deliberante (e pluribus, Cassazione 27292/05, 29/2000, 14665/99, 4900/98); correlativamente, nel riservare, con l’articolo 1137 Cc, ad autonomo giudizio ogni controversia sull’invalidità delle deliberazioni assembleari, ha anche escluso che qualsivoglia questione al riguardo possa essere sollevata nell’ambito dell’eventuale opposizione al provvedimento monitorio, l’oggetto di tale giudizio rimanendo, in tal modo, circoscritto all’accertamento dell’idoneità formale (validità del verbale) e sostanziale (pertinenza della pretesa azionata alla deliberazione allegata) della documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione e della persistenza o meno dell’obbligazione dedotta in giudizio (Cassazione 10427/00, 7569/94).

E’, dunque, evidente come il sistema normativo in questione, che s’inserisce nella disciplina del condominio già di per sé connotata da specialità in ragione della necessità d’una distinta considerazione per il settore di vita sociale che rappresenta, sia da ricondurre a quella categoria di disposizioni che, nell’attribuire a sentenze, negozi, diritti, il carattere dell’immediata esecutività, della necessaria realizzabilità pur in pendenza di controversia, a tutela d’interessi generali o particolari discrezionalmente ritenuti prevalenti e meritevoli d’autonoma considerazione rispetto alla disciplina comune propter aliquam utilitatem, si pongono con carattere derogatorio nei confronti del principio generale d’inesecutività del titolo ove impugnato con allegazione della sua originaria invalidità assoluta (nullità inesistenza), quindi anche del principio, affermato dalla giurisprudenza più sopra richiamata, per cui la pendenza del giudizio sulla contestazione della validità del titolo giustifica la sospensione ex articolo 295 Cpc del giudizio nel quale si discute dell’adempimento delle obbligazioni con quel titolo costituite.

E’, d’altra parte, significativo che il legislatore, nel garantire l’interesse della collettività condominiale, considerato prevalente, non abbia, tuttavia, lasciato il singolo condomino del tutto privo di tutela, dacché ha attribuito al giudice dell’impugnazione della deliberazione il potere di sospendere l’esecutività della stessa; per il che, deve aggiungersi ulteriore considerazione in ordine all’ illegittimità, sotto il profilo in esame, di un’ eventuale sospensione del giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo emesso ex articolo 63 disp. att. Cc, giacché, in tal caso, il giudice si arrogherebbe, di fatto, il potere di far venire meno, sia pure temporaneamente, quell’ efficacia esecutiva espressamente conferita ex lege alla deliberazione, già impugnata ex articolo 1137 Cc, sulla quale può esclusivamente incidere, e del pari espressamente ex lege, il solo giudice dell’impugnazione medesima.

In vero, il giudizio sul fumus boni iuris in ordine alla contestata validità della deliberazione posta a base del provvedimento monitorio opposto si porrebbe, sia pure ai soli fini della pronunzia sulla sospensione, come giudizio incidentale nell’ambito del giudizio d’opposizione, e pertanto, se nel giudizio espressamente predisposto dal legislatore per la valutazione della contestazione sulla validità della deliberazione l’esecutività di questa non sia stata sospesa dal giudice competente valendosi del potere attribuitogli dall’articolo 1137/II Cc in ragione della proposta impugnazione, nessun potere di sospensione può comunque riconoscersi, né ex articolo 295 Cpc né ex articolo 337 Cpc, al giudice del giudizio d’opposizione in relazione alla pretesa influenza su tale giudizio dell’esito del giudizio d’impugnazione, la questione essendo già stata esaminata e negativamente risolta dall’unico giudice cui è stata espressamente attribuita la competenza a deciderne.

A fronte delle evidenziate esigenze che hanno determinato la predisposizione d’una disciplina speciale e derogatoria, non può che considerarsi recessiva la prevenzione dell’eventuale contrasto di giudicati che potrebbe, in ipotesi, verificarsi in seguito al rigetto, nell’un giudizio, dell’opposizione al decreto ingiuntivo ed all’accoglimento, nell’altro, dell’impugnativa della delibera, le conseguenze del quale ben possono essere superate, sia in sede esecutiva ove i tempi lo consentano, facendo valere la sopravvenuta perdita d’efficacia del provvedimento monitorio come conseguenza della dichiarata invalidità della delibera, sia in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell’indebito (Cassazione 19519/05, 7073/99, 4371/99).

In definitiva, per tutte le esposte considerazioni, va escluso che al giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto ex articolo 63/I disp. att. Cc sia consentito di sospendere il giudizio in attesa della definizione del diverso giudizio d’impugnazione, ex articolo 1137 Cc, della deliberazione posta a base del provvedimento monitorio opposto.

Va, pertanto respinto l’esaminato secondo motivo del ricorso, rimesso alla decisione dì queste Su, e gli atti vanno trasmessi al Primo Presidente per l’assegnazione alla sezione semplice, competente a decidere sugli ulteriori motivi di ricorso e sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La corte respinge il secondo motivo del ricorso e dispone trasmettersi gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione del ricorso alla sezione semplice per l’ulteriore corso.