In materia di responsabilità del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di avere sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della sua responsabilità implica l’indagine positivamente svolta sul sicuro e chiaro fondamento dell’azione, che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata, e quindi la certezza morale che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo, in ogni caso, a carico del professionista l’onere di dimostrare l’impossibilità, a lui non imputabile, della perfetta esecuzione della prestazione. Ed invero la perdita del diritto di impugnare la sentenza non può configurarsi di per sé come una conseguenza patrimoniale pregiudizievole, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il riconoscimento del risarcimento del danno postula che il creditore dimostri l’esistenza di un concreto danno consistito in una effettiva diminuzione patrimoniale derivata, quale conseguenza immediata e diretta, dall’inadempimento del debitore.