Morte da polveri di amianto e piombo: le Ferrovie dello Stato condannate definitivamente a risarcire i familiari del dipendente stroncato da un carcinoma.
La Corte di Cassazione ha messo la parola fine ad una vertenza giudiziaria durata oltre sette anni, promossa dagli eredi di un dipendente delle Ferrovie dello Stato, deceduto a seguito di un carcinoma polmonare, di metastasi generalizzate e di collasso acuto del circolo. Questi avevano richiesto invano alla datrice di lavoro il riconoscimento della causa di servizio, al fine di ottenere la pensione privilegiata di reversibilità, l’equo indennizzo, nonché il beneficio dell’assunzione previsto dall’art. 22 della L. n. 42.1979, in favore della moglie.
Per ben due gradi di giudizio gli eredi del defunto hanno visto riconosciuti i loro diritti, ma le Ferrovie hanno voluto ricorrere anche in Cassazione, la quale, tuttavia, ha confermato la sentenza resa dal giudice di appello. Secondo la Corte, il giudice di merito aveva esattamente tenuto conto: a) che la patologia di cui aveva sofferto il lavoratore e che ne aveva provocato il decesso, come risultava dalla relazione del CTU, era “carcinoma poco differenziato compatibile con un istotipo ad epitelio piatto non maturante del lobo superiore del polmone sx. Stadio III B (T4-N2-MG) – TC encefalo-addome: assenza di lesioni ripetitive epatiche, encefaliche e surrenali”; b) che il dipendente era deceduto per “collasso cardiocircolatorio in carcinoma polmonare sx con metastasi cerebrale ed ossee”; c) che l’attività svolta da quest’ultimo (attività ispettiva con prelievi di polvere di amianto, di piombo ed altro) aveva avuto una notevole incidenza nella determinazione della malattia, “tenendo in considerazione il decorso molto rapido nella determinazione dell’evento patologico, almeno come concausa, avvenuto proprio allorché il lavoratore era adibito già da alcuni anni, alle mansioni pericolose sopra descritte”.
Le Ferrovie si erano difese assumendo che la causa della malattia andava ricercata anche nell’età del dipendente e nella sua dipendenza dal tabagismo. Ma la Corte ha osservato che la regola contenuta nell’art. 41 cod. pen. trova applicazione anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, principio secondo il quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, salvo il temperamento previsto nello stesso art. 41 cod. pen., in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni. Pertanto, in caso di accertata esposizione al rischio ambientale costituito dalle polveri, presenti nella lavorazione della ghisa in misura superiore di quattro volte al limite di tollerabilità, è legittimo il riconoscimento della bronchite cronica, con grave deficit spirometrico, come dipendente da causa di servizio, senza che rilevi in contrario la circostanza che la consulenza tecnica abbia evidenziato il tabagismo del dipendente quale concausa della patologia (Cass. 3 maggio 2003 n. 6722).