I comportamenti tenuti dal lavoratore nella vita privata ed estranei perciò all’esecuzione della prestazione lavorativa, se, in genere, sono irrilevanti, possono tuttavia costituire giusta causa di licenziamento allorché siano di natura tale da far ritenere il dipendente inidoneo alla prosecuzione del rapporto lavorativo, specialmente quando, per le caratteristiche e peculiarità di esso, la prestazione lavorativa richieda un ampio margine di fiducia, fermo restando che la valutazione circa il venir meno dell’elemento fiduciario va operata dal giudice non con riguardo al fatto astrattamente considerato, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura e qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva del fatto stesso, affinché sia resa possibile la verifica da parte dello stesso giudice della congruità della sanzione espulsiva, per l’insufficienza di qualunque altra a tutelare l’interesse del datore di lavoro. (Nella specie il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva ritenuto legittimo un licenziamento per giusta causa intimato a un esattore di pedaggi autostradali che aveva emesso un assegno a vuoto di rilevante importo a garanzia di un prestito fattogli da un collega di lavoro; aveva conseguito la fideiussione di un amministratore della società datrice di lavoro a garanzia di un debito poi non onorato; aveva venduto in prossimità del casello autostradale quadri falsificati; e, quindi giustificatamente poteva essere ritenuto inaffidabile quanto alla riscossione di somme di danaro).
Cassazione civile , sez. lav., 04 settembre 1999, n. 9354