La cultura manageriale nello studio legale

Di Mirco Minardi

Storicamente,
la figura del professionista si è sempre nettamente distinta da quella
dell’imprenditore e del manager. D’altra parte, precisi divieti
normativi e deontologici ci ricordano che l’avvocato non può essere un
commerciante, nemmeno nel senso di amministrare una società che ad
esempio si occupi di consulenza.

Ne è derivata, probabilmente, anche l’idea che la cultura manageriale non faccia parte del bagaglio dell’avvocato. Sicché, gli studi universitari prima, ma anche i corsi di specializzazione poi, si sono sempre disinteressati di questi aspetti, come se un professionista non avesse bisogno di queste conoscenze.

Sennonché, lo scenario di riferimento è profondamente mutato: la concorrenza, la tecnologia, il mutato contesto normativo, sociale ed economico sono alcuni dei fattori che hanno modificato profondamente il contesto in cui l’avvocato opera. Oggi giorno, senza una cultura di management, il professionista, anche se dotato di grande competenza, rischia seriamente di non riuscire a far decollare il proprio business ovvero di perdere il terreno conquistato in duri anni di lavoro.

Ma cosa si intende per cultura manageriale? Per cultura manageriale intendiamo l’insieme delle conoscenze e delle abilità volte ad ottimizzare la gestione delle risorse umane, finanziarie, tecniche. Intesa in questo senso, anche la casalinga potrebbe trarre profitto dalle conoscenze di management, visto che anch’essa si trova a dover gestire un’impresa, che è quella familiare.

Con specifico riguardo allo studio legale, le conoscenze di management fondamentali sono:

la gestione strategica e il marketing:
mission & vision;
obiettivi;
analisi swot (punti forza, punti deboli, opportunità e minacce);
pianificazione & programmazione;
follow up (verifica e monitoraggio);

la gestione delle risorse umane interne:
dipendenti;
praticanti;
collaboratori, associati, soci;

la gestione della qualità;
miglioramento dei processi e della organizzazione;
la gestione del tempo (time management);

la gestione economica:
onorari;
acquisti;
finanziamenti;

le abilità comunicative;
leadership;

la comunicazione strategia di impresa
sito web
newsletter;
media;
pubblic affair.

Ne ho citate alcune, le più importanti. Oltre a ciò, il professionista del XXI secolo deve conoscere nuove tecniche di pensiero creativo, relazionali ed emozionali. Ne cito alcune:

  • braistorming;
  • problem setting;
  • problem solving;
  • mind mapping;
  • tecniche di negoziazione;
  • pnl.

Ma a monte di tutto ciò sta la competenza fondamentale, quella che gli addetti del settore chiamano proattività. Essere proattivi significa assumersi la responsabilità delle proprie azioni e quindi dei propri risultati. Significa chiedersi costantemente:

  • Come posso migliorare le mie performance?
  • Come posso gestire al meglio le risorse di cui dispongo?
  • Quali sono i miei punti deboli? Come posso correggerli?
  • Quali sono i miei punti di forza? Come posso rafforzarli?

Essere proattivi significa avere il "coraggio" di porsi costantemente domande costruttive. Parlo di coraggio, per la ragione che le domande generano una risposta, che può essere anche poco piacevole. Chiedersi “quali sono i miei punti deboli” implica l’umiltà di fare autoanalisi e di ammettere sinceramente che ci sono aspetti di noi disfunzionali, limitanti che possono e debbono essere migliorati.

Questo è l’avvocato del nuovo millennio.