NECESSARIA L’E-FORMAZIONE
(apparso su Italia Oggi del 27/04/2000)
predisposta dal Ministero di Grazia e Giustizia sulla riforma
telematica del processo civile, il cui meccanismo si regge
sull’applicazione generalizzata della firma digitale.
perplessità non nascono dal progetto in sé, in quanto i cultori della
cosiddetta cyberlaw sanno da tempo che è in corso la sperimentazione
del processo telematico, quanto dalla considerazione che i soggetti che
ruotano attorno al pianeta giustizia, tra cui gli avvocati, non sono
ancora pronti a recepire una riforma che non solo ha complicati
riflessi di carattere tecnico, ma ha anche importanti riflessi di
natura culturale.
Quello che il Legislatore sta chiedendo, forse
in maniera presuntuosa, non solo agli avvocati ma a tutti i cittadini,
è un sacrificio immane e cioè l’apprendimento dall’oggi al domani delle
conoscenze dell’informatica e della telematica. Nell’ottica del
Legislatore dovrebbe essere facile per tutti capire che "la firma
digitale è il risultato della procedura informatica basata su un
sistema di chiave asimmetriche a coppia una pubblica e una privata" e
che "le chiavi private sono conservate e custodite all’interno di un
dispositivo di firma".
Nella migliore delle ipotesi, ancora oggi
l’idea che molti hanno del computer è di una macchina da scrivere
dotata di monitor e di un sistema che consente l’archiviazione dei
documenti creati. Oltre a questo c’è il vuoto assoluto. Certo,
l’apprendimento non elementare dell’informatica, perché di questo si
sta parlando, non è impresa impossibile, perché non occorre essere
degli informatici per usare il computer, come non occorre essere
ingegneri meccanici per guidare un’automobile. Ciò non toglie che un
cospicuo numero di nozioni e di ore di pratica sono pur sempre
necessarie. L’utilizzo della firma digitale, ad esempio, presuppone una
serie di conoscenze non solo relative al sistema operativo del computer
e al software utilizzato per la generazione e la verifica della firma,
ma anche all’utilizzo di Internet, e prima ancora alla gestione dei
files, all’individuazione del loro formato, e così via. Non solo. Il
collegamento ad una rete aperta come quella di Internet, obbliga
l’avvocato a predisporre adeguate misure di sicurezza dei sistemi
informativi automatizzati a protezione dei dati personali, molto spesso
sensibili, contenuti nelle banche dati.
Si tratta,
evidentemente, di un impiego avanzato del computer, che va oltre il
semplice utilizzo di un word processor per redigere un atto. E
l’apprendimento del bagaglio di conoscenze tecniche necessarie per un
utilizzo maturo del computer non è operazione semplice, non solo per la
tecnicità della materia, ma anche perché non sono pochi coloro che
vivono il "disagio tecnologico", tanto da rifiutare ogni approccio non
meramente superficiale con l’informatica e la telematica. Ora, pensare
che nel giro di poco tempo, senza un mirato progetto di formazione,
tutti gli avvocati possano far proprie numerose e talvolta complesse
nozioni tecniche è a dire il vero utopistico. Credo sia giunto pertanto
il momento che gli ordini professionali elaborino e attuino al più
presto un serio programma di formazione all’utilizzo dei sistemi
informatici al fine di scongiurare la delega dell’ultima funzione
rimasta in esclusiva all’avvocato: quella del processo. Oltre quella
c’è il tramonto di una professione.