Archivi categoria: Diritto della circolazione stradale

Investimento del pedone

Il conducente di un veicolo è tenuto a vigilare al fine di avvistare il pedone, il cui avvistamento, poi, implica la percezione di una situazione di pericolo, in presenza della quale il conducente è tenuto a porre in essere una serie di accorgimenti (in particolare, moderare la velocità e, all’occorrenza, arrestare la marcia del veicolo) al fine di prevenire il rischio di un investimento.

Da ciò consegue che, nel caso di investimento di un pedone, perché possa essere esclusa la responsabilità del conducente, è necessario che lo stesso si sia trovato, per motivi estranei a ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido e inatteso; occorre, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale e a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel suo comportamento.

Cassazione penale , sez. IV, 12 giugno 2007, n. 34111

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Circolazione stradale: la presunzione di responsabilità si applica anche in caso di dinamica incerta

Un motociclista si rivolge al giudice esponendo di essere stato urtato da un motocarro che nell’effettuare una manovra a U, senza segnalazione, lo aveva urtato proprio durante la fase di sorpasso.

In primo grado, il motociclista ottiene il 100% della ragione, ma in appello la responsabilità ripartita al 50% su ciascuno dei conducenti coinvolti, in virtù del concorso di cui all’art. 2054 c.c.

Il motociclista ricorre in Cassazione, la quale però conferma la sentenza del giudice di appello.

Osserva al riguardo la Corte, che la presunzione ex art. 2054 c.c. svolge una funzione sussidiaria, che opera ogni qualvolta non sia possibile accertare, con indagini specifiche, le modalità del sinistro e le rispettive responsabilità, oppure quanto non si possa stabilire con certezza la incidenza causale delle condotte nella determinazione dell’evento.

Nella fattispecie, non era stato provato se e in quale misura fosse responsabile del sinistro anche il motociclista, se cioè esso procedesse a velocità moderata o meno, ai fini di avere la possibilità di arrestarsi in caso di manovra imprudente, negligente ed imprevista dell’altro soggetto. In sostanza non era stato possibile ricostruire la dinamica dell’incidente, al fine di raggiungere la prova liberatoria relative alla presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, e in particolare se il conducente dell’Ape avesse completato la manovra di inversione o comunque in quale fase della manovra si trovasse e se il motociclista avesse fatto tutto il possibile per evitarlo.

Il S.C., infatti, ha osservato che la presunzione di pari responsabilità sancita dal secondo comma dell’art. 2054 c.c., opera non soltanto quando non sia possibile stabilire il grado di colpa, ma anche soprattutto quando non sia possibile stabilire la sequenza causale (Cass., 7.2.1997, n. 1198).

E’ stata pertanto confermata la sentenza impugnata, nel senso che l’accertamento della colpa sia pure grave di uno dei conducenti non esonera l’altro dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare l’evento al fine di concludere la configurazione di concorso di colpa a suo carico (Cass. 9.2.1982, n. 764).

L’accertamento del giudice di merito, ha concluso la Corte, in ordine alle modalità di verificazione del sinistro, la condotta di marcia dei veicoli ed a tutte le circostanze attinenti al fatto, se adeguatamente motivate, con giudizio immune da vizi logici è incensurabile in sede di legittimità.

Cass. civile sent. n. 195/2007

Giurisprudenza varia

Nelle cause inscindibili o dipendenti – ipotesi ricorrente sia nel caso di litisconsorzio necessario originario, di diritto sostanziale o processuale, sia nel caso di cause tra loro dipendenti, le quali, essendo state decise in un unico processo, devono rimanere unite anche nella fase di gravame in quanto la pronuncia sull’una si estende, in via logica e necessaria, anche all’altra ovvero ne forma il presupposto logico e giuridico imprescindibile – la parte, i cui interessi giuridici sono oggetto dell’impugnazione principale, è legittimata a proporre impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., anche contro una parte diversa da quella che ha introdotto l’impugnazione principale e su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di questa impugnazione. (Nella specie, la S.C., sulla scorta del riportato principio, ha rigettato il ricorso e confermato l’impugnata sentenza che – sul presupposto che, in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, l’impugnazione dell’assicuratore, che contesta la responsabilità del sinistro, deve essere proposta nei confronti di tutti i soggetti che, anche se non litisconsorti necessari di diritto sostanziale, abbiano partecipato al precedente grado di giudizio quali litisconsorti necessari di diritto processuale in virtù dell’interdipendenza delle rispettive cause – aveva ritenuto ammissibile l’appello incidentale tardivo avanzato dal conducente del veicolo danneggiante, per effetto della legittimazione riconosciutagli a rivolgere la sua impugnazione nei riguardi di una parte diversa da quella che aveva introdotto l’impugnazione principale e con riferimento ad un capo della sentenza differente da quello dedotto con quest’ultima impugnazione).

Cassazione civile , sez. III, 16 novembre 2006, n. 24372

Ai fini dell’applicazione della normativa sull’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore di cui alla l. 24 dicembre 1969 n. 990, è indifferente la natura pubblica o privata dell’area aperta alla circolazione, essendo rilevante soltanto l’uso pubblico della stessa, per tale intendendosi l’apertura dell’area e della strada ad un numero indeterminato di persone, e cioè la possibilità giuridicamente lecita di accesso da parte del pubblico. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo la quale dalla documentazione fotografica prodotta emergeva che l’incidente si era verificato nel cortile interno ad un fabbricato, adibito al servizio esclusivo dei condomini dello stesso e non all’uso di un pubblico indifferenziato).

Cassazione civile , sez. III, 06 giugno 2006, n. 13254

In caso di sinistro stradale e di conseguente denuncia congiunta dello stesso ai sensi dell’art. 5 d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, conv., con modificazioni, dalla l. 26 febbraio 1977 n. 39, gli effetti del relativo modulo, qualora incompleto, sono nel rapporto fra i due conducenti quelli della confessione stragiudiziale, mentre in riferimento alla situazione di litisconsorzio necessario, in giudizio promosso contro la società assicuratrice, sono disciplinati dalle norme di portata generale e, particolarmente, per quanto concerne i responsabili di cui all’art. 2054 c.c., dal principio sancito dall’art. 2733 comma ultimo c.c., a norma del quale la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice nei confronti di tutti e, perciò, non solo nei riguardi della società assicuratrice del veicolo ma anche nei confronti del confidente.

Cassazione civile , sez. III, 31 maggio 2006, n. 13019

La sospensione dell’assicurazione – come effetto giuridico previsto dall’art. 1901 c.c. – a decorrere dalle ventiquattro ore del quindicesimo giorno dalla scadenza dei premi successivi al primo, comporta, ex art. 7 comma 2 l. n. 990 del 1969, il venir meno dell’obbligo dell’assicuratore di risarcire i danni al terzo danneggiato per i sinistri verificatisi nel predetto periodo di sospensione, se i relativi premi non risultano pagati in precedenza, e ciò in virtù del principio secondo cui non vi è copertura del rischio senza un precedente pagamento del premio nei modi e nei termini previsti dalla legge e dal contratto. Tale ipotesi non rientra, infatti, nella previsione del comma 2 art. 18 l. n. 990 del 1969, come sostituito ad opera dell’art. 1 d.l. n. 857 del 23 dicembre 1976, conv. in l. n. 39 del 26 febbraio 1977, che presuppone che il contratto sia operante a seguito di regolare pagamento del premio, non rilevando, d’altro canto, in contrario, con riferimento al sinistro accaduto nel periodo in cui la garanzia assicurativa sia sospesa, il pagamento del premio successivamente effettuato, stante che la mancanza della copertura assicurativa al momento del verificarsi del sinistro ha irrevocabilmente prodotto la irrisarcibilità dello stesso da parte dell’assicuratore. Nei rapporti fra assicuratore e assicurato, il primo non ha l’onere di provare il fatto su cui si basa la sua contestazione relativa alla tempestività del pagamento del rateo di premio. Si tratta infatti di una contestazione afferente al diritto dell’assicurato, cui incombe provare la sussistenza dei presupposti per farlo valere.

Cassazione civile , sez. III, 22 maggio 2006, n. 11946

Nel giudizio instaurato ai sensi dell’art.18 l. 990/69, tanto nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, quanto nel caso in cui sia stata presentata anche una domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, le dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del sinistro, indipendentemente dalla circostanza che siano contenute, o non, nella constatazione amichevole di sinistro stradale (c.d. modulo Cid), non potendo comportare un diverso giudizio di responsabilità nei rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore, dall’altro, vanno liberamente apprezzate dal giudice anche nei confronti del confitente.

Cassazione civile , sez. un., 05 maggio 2006, n. 10311

Posto che, in tema di assicurazione obbligatoria r.c.a., le domande del danneggiato, che eserciti azione diretta nei confronti dell’assicuratore, ma evochi in giudizio anche l’assicurato al fine di ottenere il risarcimento del danno eccedente i limiti del massimale coperto da assicurazione, si trovano in rapporto di connessione e reciproca dipendenza e sono fondate sull’accertamento della responsabilità risarcitoria dell’assicurato e dell’entità del danno, l’impugnazione di un capo della sentenza che attenga a tali presupposti, da chiunque sia proposta, impedisce il passaggio in giudicato dell’intera pronuncia con riguardo a tutte le parti.

Cassazione civile , sez. un., 05 maggio 2006, n. 10311

Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto processuale (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno) e coinvolge inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la derivante necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano. Pertanto, avuto riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve escludersi che, nel giudizio instaurat
o ai sensi dell’art. 18 della legge n. 990 del 1969, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta che nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro. Conseguentemente, va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, comma 3, c.c., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice.

Cassazione civile , sez. un., 05 maggio 2006, n. 10311

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore o dei natanti, qualora il danneggiato, esercitando l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, evochi in giudizio quest’ultimo ed il responsabile assicurato (art. 18 e 23 l. 24 dicembre 1969 n. 990), e, chiedendo un risarcimento eccedente i limiti del massimale di assicurazione, proponga, oltre alla domanda nei confronti dell’assicuratore, anche domanda contro l’assicurato, le domande medesime si trovano in rapporto di connessione e reciproca dipendenza, trovando presupposti comuni nell’accertamento della responsabilità risarcitoria dell’assicurato e dell’entità del danno risarcibile, con la conseguenza che l’impugnazione della sentenza per un capo attinente a detti presupposti comuni, da qualunque parte ed in confronto di qualsiasi parte proposta, impedisce il passaggio in giudicato dell’intera pronuncia con riguardo a tutte le parti.

Cassazione civile , sez. un., 05 maggio 2006, n. 10311

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, qualora il danneggiato agisca direttamente nei confronti dell’assicuratore ai sensi dell’art. 18 della legge sull’assicurazione obbligatoria 24 dicembre 1969 n. 990 e l’assicuratore gli opponga la mancanza di copertura assicurativa, il danneggiato ha l’onere di provare, anche a mezzo di testimoni, essendo egli terzo rispetto al contratto assicurativo, che tale danno si è verificato nel periodo di copertura assicurativa; a sua volta, l’assicuratore è tenuto, nei confronti dei terzi danneggiati, per il periodo di tempo indicato nel certificato d’assicurazione e, in caso di mancato pagamento, alla scadenza, del premio successivo al primo, fino alle ore ventiquattro del quindicesimo giorno successivo ad essa, senza che abbia rilevanza, con riferimento al sinistro accaduto nel periodo in cui la garanzia assicurativa sia sospesa, il pagamento del premio successivamente effettuato, stante che la mancanza della copertura assicurativa al momento del verificarsi del sinistro ha irrevocabilmente prodotto l’irrisarcibilità dello stesso da parte dell’assicuratore. (Nella specie, la S.C. ha riformato la sentenza di merito, non avendo essa considerato la rilevanza ai fini della prova dell’avvenuto pagamento entro il termine di tolleranza, del possesso da parte dell’assicurato del contrassegno assicurativo nel momento del sinistro ed avendo invece ritenuto decisivo il documento proveniente dall’assicuratore, attestante la data successiva di registrazione del pagamento).

Cassazione civile , sez. III, 24 marzo 2006, n. 6635